A più di 15 anni dall’introduzione della delibera del CICR che legittimava la pratica di calcolare gli “interessi sugli interessi” da parte delle banche (ovvero la capitalizzazione periodica degli interessi, detta anche “anatocismo”), sembra si sia finalmente arrivati ad una svolta epocale: con la Delibera CICR del 3 agosto 2016, n. 343 (GU n. 212 del 10/09/2016), sono state emanate le nuove disposizioni attuative dell’art. 120, comma 2 TUB, così come modificato dall’art. 17 bis del D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, convertito nella Legge 8 aprile 2016, n. 49, che vanno a definire i limiti di operatività delle banche sul tema del controverso anatocismo.
Nella pratica viene vietata la capitalizzazione degli interessi, abbracciando quanto statuito da sempre nell’Art. 1283 c.c., ossia adottando un conteggio degli interessi annuale (e non trimestrale come è avvenuto fino a questo momento) e, soprattutto, consentendo al cliente la facoltà di addebitare gli interessi nel conto corrente o, se preferisce, di corrisponderli con altre forme di pagamento (quindi non capitalizzando gli interessi nel conto corrente).
In termini numerici, ipotizzando un rapporto di conto corrente di durata decennale con saldo bancario stabile nel tempo di 10.000 euro a debito del correntista al tasso di interesse del 10% (classico esempio di conto affidato), con la nuova normativa si avrebbe un risparmio di oltre il 40% sugli interessi maturati (10.000 € rispetto ai 16.800 € generati dalla capitalizzazione periodica).
Superata l’emozione per l’ottima notizia, ci si dovrebbe porre una domanda: ma a Marzo di ogni anno, quando verranno addebitati gli interessi maturati lungo tutto l’anno precedente (prima, infatti, gli interessi venivano calcolati ed addebitati trimestralmente), che succederà alle aziende italiane? Riusciranno a pagare anche dipendenti, IVA, fornitori, etc.?